RE: Il Mito del Lavoro Duro: verità o inganno?
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Amico mio, la verità è che la realtà che conosciamo oggi era relegata pressochè agli show fantascientifici. Quando noi andavamo a scuola c'era ancora la freschissima memoria dei tempi dei boomer (se sei nato negli anni settanta o negli anni ottanta tant'era, per quanto i tempi dei boomer si fossero conclusi da un pezzo), quando i risultati arrivavano davvero da sè a fronte dell'impegno. E parecchi professori erano ancora di generazione silenziosa, vale a dire l'aver vissuto decenni in cui tali affermazioni erano veritiere tanto quanto per i boomer (con l'unica differenza, sia pure di non poco conto, che ai loro tempi l'istruzione era un privilegio per pochi ricchi e benestanti). Tra l'altro, i boomer ci credono a tutt'ora, che i risultati verranno da sè, peccando d'ingenuità. Certo che se oggi si propinano ancora affermazioni che sono divenute balle colossali a causa dei forti cambi socio-economico-culturali, delle tre l'una:
1)si seguita a peccare d'ingenuità
2)patente malafede
3)(la più probabile): nell'incertezza tra la prima e la seconda, si sceglie di andare alla spiccia
Diciamo pure che allo studia tanto, prendi dei bei voti, e i risultati verranno da sè, l'importante è impegnarsi, avere una buona etica di lavoro, non battere la fiacca, e gli altri se ne accorgeranno bisogna levare e i risultati verranno da sè e nel contempo aggiungere studia tanto, prendi dei bei voti, l'importante è impegnarsi, avere una buona etica di lavoro, non battere la fiacca, e gli altri se ne accorgeranno se sei stato abbastanza sveglio da scegliere un percorso appetibile al mercato del lavoro, considerando pure che devi esserci pure portato, per quel percorso e considerando pure quanto si afferma nel Sole24Ore che afferma una grande verità (e il Sole24Ore non è certo il primo giornaletto che si affaccia nel mondo dell'editoria):
Insomma, non possiamo prenderci in giro: in un sistema a caste come quello italiota, fuori delle regioni virtuose, il figlio di un operaio/muratore/magazziniere tenderà a diventare anch'egli operaio (tranne che nel caso in cui il padre sia un ingegnere che ha trovato soltanto un lavoro da operaio, comunque specializzato nel suo caso). Il caso del professor Veronesi è l'eccezione e non la regola. Il figlio del bracciante agricolo che diventa direttore dell'Agenzia delle Entrate è un superdotato che riusciva a rendere nonostante il provenire da una famiglia di bassa estrazione sociale, dove non dico che mancano del tutto le spintarelle, ma manca proprio il background culturale di famiglia in grado di orientare il pargolo e mancano pure gli argomenti di discussione a livello di eruditi, cosa che non sembra, ma aiuta. Non è la stessa cosa il vivere in una famiglia dove si discute di storia dei popoli dell'antichità, di questioni antropologiche, di fisica quantistica, si conoscono più lingue straniere a livello minimo C1 del quadro di riferimento europeo anzichè tra familiari che trascorrono intere giornate discutendo se è meglio comprare una confezione di pelati o pomodori vivi o sul resoconto dell'ultima puntata della soap opera preferita di mammà o di papà (capita, capita anche questo: esistono uomini che davvero preferiscono di gran lunga le soap operas e le telenovelas al calcio🤣). Poi certo, esistono comunque miglioramenti sociali più realistici: il figlio dell'operaio che diventa professore delle medie facendosi il mazzo è possibile (è un obiettivo molto meno ambizioso che diventare dirigente medico, dunque più raggiungibile, anzichè rassegnarsi a seguire le orme del padre). Insomma, se pole fa', ma bisogna essere realisti.