Terre rare il nuovo "dollaro"

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Lo sappiamo, la guerra dei dazi ,ormai, è dai primi di Aprile di quest'anno che ci tortura con continui sali e scendi dei vari mercati che seguiamo, da quelli delle borse tradizionali, al mercato cripto, e infine alle quotazioni dei metalli preziosi, oro e argento in primis.

Dopo l'annuncio di nuovi dazi al 100% contro le importazioni verso gli USA provenienti dalla Cina, che dovrebbero entrare in vigore a partire dal 1° novembre 2025, Bitcoin e le altre cripto hanno fatto un tonfo verso il basso, da cui oggi, almeno sembra, si siano leggermente riprese, anche se non si capisce se è il classico rimbalzino o ripartirà una nuova e propria bull run, o se lo spettro della fase Bear sia sempre dietro l'angolo, infondo i dazi, per adesso, non sono stati tolti, anche se con Trump non si può mai dire l'ultima parola.

L'oro, dopo svariate giornate di fila di record su record, finalmente si sgonfia un po', tornando a quota 4100 $, dopo aver tentato di superare i 4400, una fase di riposo ci sta tutta, per poi ripartire più forte di prima, infondo la soglia dei 4k sembrava inarrivabile solo qualche mese fa, e adesso stiamo già parlando dei 4400-4500 !

Però la vera incognita della sfida dei dazi è senza dubbio la risposta della Cina, che ha capito che il suo dominio sulle terre rare può essere il perno sui cui fare leva per qualsiasi trattativa con i paesi esteri, USA in primis.

La Cina non si limita più a una “ritrosia” nel fornire terre rare agli altri Paesi, ma ha introdotto una vera e propria regolamentazione restrittiva: qualsiasi soggetto straniero che voglia impiegare terre rare cinesi nella produzione di microchip inferiori ai 19 nanometri ( o altri limiti ancora da definire e sotto trattativa) deve ora ottenere una specifica autorizzazione dal Ministero del Commercio cinese.

La Cina , infatti, detiene il monopolio effettivo del settore, ma non solo perché estrae la maggior parte delle terre rare mondiali (60–70%), bensì perché controlla quasi tutta la raffinazione (tra il 92 e il 97%). Anche i Paesi che ne estraggono, come Stati Uniti, Canada, Australia e Russia, dipendono dalla Cina per la lavorazione, poiché solo lì esiste la capacità industriale necessaria.
Negli anni ’70 un chimico cinese sviluppò una tecnica innovativa di raffinazione, che permette di ottenere materiali ad altissima purezza a costi contenuti. A questo si aggiunge il fatto che dagli anni ’80 la Cina ha investito somme enormi nella filiera verticale completa: estrazione, lavorazione, infrastrutture energetiche, macchinari, formazione del personale e logistica. Ciò ha reso impossibile per l’Occidente competere a breve termine.

Inoltre, molte delle terre rare si trovano in minerali misti (come il gallio nell’alluminio), quindi servono intere industrie di base per poterle isolare in quantità utili. Ciò implica lavorare in perdita per anni e sopportare costi ambientali elevati, un impegno che l’Occidente non ha voluto assumersi.

Creare oggi un’alternativa occidentale richiederebbe, secondo l’analista Arn Bertrand, uno sforzo paragonabile a una rivoluzione industriale, con tempi di 50 o 60 anni. Occorrerebbero investimenti colossali, sostegno politico costante e un’infrastruttura energetica adeguata — condizioni oggi difficili da realizzare nei Paesi occidentali.

Quindi il ricatto dei dazi può funzionare con paesi che hanno perso la propria capacità produttiva, come quelli della vecchia Europa, che non hanno più forza di contrattazione e possono solo piegarsi alle varie imposizionie percentuali, ma questa tecnica non può funzionare contro la Cina, che ha capito ormai di avere nelle Terre Rare, essenziali per l'elettronica e comparti fondamentali come quello militare, il ruolo di asset strategico mondiale, che una volta era appannaggio della banconota verde, il dollaro, ormai sempre più in declino.

Grazie dell'attenzione e alla prossima.

Immagine realizzata con ChatGPT



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6 comments
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They do most certainly have a monopoly and have started to abuse it. Fortunately western countries are starting to wake up and smell the coffee if you will. The US and Australia just entered a new agreement to push production and refining of the rare earths, hopefully ending China's stranglehold on the world over the next several years.

The problem with deindustrialization is it takes a very long time to reindustrialize. It's too bad our nations all faltered so badly in this arena, but I'm hoping they can reverse course before it's ultimately too late leaving China as the leading powerhouse in the world.

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We are still paying the mistakes made in the 90s, we will need years to build back the infrastructure for home production.

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La tua lettura mi fa riflettere su qualcosa che mia madre mi dice sempre:

"A volte le cose si ottengono poco a poco."

Molti anni fa, la Cina ha gradualmente costruito la sua grande azienda, mentre altri paesi non hanno pensato al futuro e ne stanno pagando le conseguenze oggi. È incredibile cosa si può ottenere quando si pensa a lungo termine.

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Hanno lavorato bene ed hanno creato un impero commerciale e produttivo, mentre noi occidentali ci siamo addormentati e impigriti, ed ora dobbiamo pagarne le conseguenze.

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Questo è quello che succede ad affidarsi alle altre nazioni per produzioni essenziali, soprattutto nazioni non allineate... Si parla tanto male dell'autarchia ma è l'unica cosa che ti salva da dipendenze e ritorsioni

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Viva l'autarchia a questo punto, ma ormai ci troviamo decenni indietro, e la Cina avanza a passo spedito.

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